Anima Immacolata nell’Eterno Pensiero, dolce e tenero
Amore pieno di Sapienza
Maria
Valtorta
Nominata:
La penna di Dio
Introduzione
di Giuseppe Edattico
Tutto quello che è scritto
in questa pagina è opera di Gesù Cristo per mezzo di visioni e dettati donati
alla veggente Maria Valtorta, al fine di far conoscere alla generazione
presente e futura, parti del messaggio evangelico che vanno ad integrare e
ampliare i Vangeli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni.
Un attento lettore può
benissimo confrontare come questi splendidi scritti, pieni di immagini dai colori meravigliosi, siano conformi ai Vangeli e come
siano arricchiti con una maestranza e una sapienza divine. Sono pagine eccelse, profumate di sole e d'azzurro, costellate di Vita.
Maria Valtorta era
inchiodata al letto, accudita giornalmente da un’infermiera a dal padre
spirituale Monsignor Migliorini, il quale ebbe modo di constatare come durante
le visioni, Maria fosse vivificata da una forza meravigliosa che la rianimava,
facendole scrivere di getto tutto quello che vedeva e viveva.
Infatti, in uno di questi
dettati, Gesù spiega alla sua “piccolo Giovanni” (come amava chiamarla per la
sua somiglianza spirituale con l’apostolo Giovanni) che Lui l’aveva crocifissa
al letto perché desse testimonianza attraverso le sue visioni e i suoi scritti
di questa forza soprannaturale.
Credo che tutto
questo, Gesù lo abbia fatto per dare una più ampia conoscenza del suo
incommensurabile ed infinito amore che sprigiona a chiunque lo avvicina con
anima aperta.
Sono pure sicuro che
chiunque legga con un pò di fede le opere scritte da Maria Valtorta, arriverà a
conoscere ogni dettaglio e si sentirà veramente più unito a Gesù, a Maria
e figlio di Dio.
Qui sotto abbiamo
riportato solo un piccola testimonianza presa a caso (o forse ispirata dallo
Spirito Santo) da tutto quel tesoro nascosto che è contenuto nei libri di Maria
Valtorta, per comunicarvi le stesse sensazioni che noi abbiamo avuto e che
continuiamo ad avere, per trasmettervi dei valori importanti, e credetemi che
non esagero nell’affermare che mi rimarranno per sempre nel cuore con una gioia
che mai ho provato in vita mia.
Giuseppe Edattico
Dall’Opera di Maria Valtorta:
L’Evangelo come mi è stato rivelato.
Testi scelti da Giuseppe Edattico e Antonio Bigliardi.
La Purezza
ha un valore tale,
che un seno
di creatura
potè
contenere l’Incontenibile,
perché
possedeva la purezza assoluta
che potesse
avere una creatura di Dio.
La
Santissima Trinità scese con le sue perfezioni,
abitò con
le sue Tre Persone,
chiuse il
suo Infinito in un piccolo spazio
e non si
diminuì per questo,
perché
l’amore della Ss. Vergine Maria
e il volere
di Dio
dilatarono
questo spazio
sino a
renderlo un Cielo.
<O>
Maria può
essere chiamata la “secondogenita” del Padre
perché,
per
perfezione data e saputa conservare,
e per
dignità di Sposa e Madre di Dio
e di Regina
del Cielo,
viene
seconda dopo il Figlio del Padre
e seconda
nel suo eterno Pensiero
che AB
ETERNO in Lei si compiacque.
<O>
Siate puri.
Iniziate ad
esserlo dal corpo
per passare
allo spirito.
Iniziate
dai cinque sensi
per passare
alle sette passioni.
Iniziate
dall’occhio.
Più puro
sarà il vostro occhio
e più puro
sarà il vostro cuore.
<O>
Contemplazione della Vergine
Maria
La sua anima appare bella e intatta
come quando il Padre la pensò.
Dio mi possedette all’inizio delle
Sue opere, fin dal principio, avanti la creazione.
AB Eterno fui stabilita, al
principio, avanti che fosse fatta la terra, non erano ancora gli abissi ed io
ero già concepita.
Non ancora le sorgenti delle acque
rigurgitavano ed i monti s’erano eretti nella loro grave mole, né le colline
erano monili al sole, che io ero partorita.
Dio non aveva ancora fatto la
terra, i fiumi e i cardini del mondo ed io ero. Quando preparava i cieli io ero
presente, quando con legge immutabile chiuse sotto la volta l’abisso,
quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque,
quando fissava al mare i suoi confini e dava leggi alle acque, quando dava
legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fondamenti
della terra, io ero con Lui a ordinare tutte le cose.
Sempre nella gioia scherzavo
dinanzi a Lui continuamente, scherzavo nell’universo…
Dice il Signore:
Questo inno parla di Lei: La bella
Madre, la Santa Madre, la Vergine Madre della Sapienza che sono Io, Gesù.
Parla di Lei, perché fosse
confessata e nota la consolazione e la gioia di Dio; la ragione della sua
costante, perfetta, intima letizia, di questo Dio Uno e Trino che vi regge e
ama e che dall’uomo ebbe tante ragioni di tristezza; la ragione per cui
perpetuo la razza anche quando, alla prima prova, s’era meritata d’esser
distrutta; la ragione del perdono che avete avuto.
Avere Maria che lo amasse. Oh! Ben
meritava creare l’uomo, e lasciarlo vivere, e decretare di perdonarlo, per
avere la Vergine Bella, la Vergine Santa, la Vergine Immacolata, la Vergine
Innamorata, la Figlia Diletta, la Madre Purissima, la Sposa Amorosa!
Tanto e più ancora vi ha dato e vi
avrebbe dato Iddio pur di possedere la Creatura delle sue delizie, il Sole del
suo Sole, il Fiore del suo giardino.
E tanto vi continua a dare per Lei,
a richiesta di Lei, per la gioia di Lei, perché la sua gioia si riversa nella
gioia di Dio e l’aumenta a bagliori che empiono di sfavillii la luce, la gran
luce del Paradiso, ed ogni sfavillio è una grazia all’universo, alla razza
dell’uomo, ai beati stessi, che rispondono con un loro sfavillante grido di
alleluia ad ogni generazione di miracolo divino, creato dal desiderio del Dio
Trino di vedere lo sfavillante riso di gioia della Vergine.
<O>
Dice Maria:
Davanti ai Patriarchi, Profeti e
Santi, davanti agli Angeli e ai Martiri, Dio pose me, assunta in anima e corpo
alla gloria del Cielo, e disse: « Ecco l’opera perfetta del Creatore. Ecco ciò
che Io creai a mia più vera immagine e somiglianza fra tutti i figli dell’uomo,
frutto di un capolavoro divino e creativo, meraviglia dell’universo, che vede
chiuso in un solo essere il divino nello spirito eterno come Dio e come Lui
spirituale, intelligente, libero, santo, e la creatura materiale nella più
innocente e santa delle carni, alla quale ogni altro vivente nei regni del
creato, è costretto ad inchinarsi. Ecco la testimonianza del mio amore per
l’uomo, per il quale volli un organismo perfetto e una beata sorte di eterna
via nel mio Regno.
Ecco la testimonianza del mio
perdono all’uomo al quale, per la volontà di un trino amore, ho concesso
riabilitazione e ricreazione agli occhi miei. Questa è la mistica pietra di
paragone, questa è l’anello di congiunzione tra l’uomo e Dio, questa è Colei
che riporta i tempi ai giorni primi e dà ai miei occhi divini la gioia di
contemplare una Eva quale Io creai, ed ora fatta ancor più bella e santa,
perché Madre del mio Verbo e perché martire del più gran perdono.
Per il suo Cuore immacolato che non
conobbe mai macchia alcuna, neanche la più lieve, Io apro i tesori del Cielo, e
per il suo Capo che mai conobbe superbia, del mio fulgore faccio un serto e
l’incorono, poiché mi è santissima, perché sia vostra Regina ».
Giambattista Tiepolo - Immacolata Concezione –
Museo del Prado, Madrid
Volere.
Da coloro
che si sentono strozzati e che vogliono liberarsi dal peccato e dal
seduttore.
Vogliono.
Ecco ciò
che muta il sacrilegio in rito.
Volere
guarire.
Il serpente
tentò Eva nell’ora in cui il Signore non passeggiava nell’Eden.
Se Eva
avesse invocato Dio, Satana sarebbe fuggito.
Abbiate
sempre nel cuore questo pensiero.
E con
sincerità chiamate il Signore.
Quel Nome è
salvezza.
Purificatevi
il cuore, incessantemente, scrivendovi sopre con l’amore la parola: Dio.
Col cuore,
col pensiero, con gli atti, con tutto voi stessi dite quel Nome: Dio.
Ditelo per
non essere soli.
Ditelo per
essere sostenuti.
Ditelo per
essere perdonati.
<O>
Dice Gesù:
«Ti ho fatto vedere ed udire da capo la mia sofferenza, il mio spasimo, il mio grido al Padre.
Voi dite: "Ma perché il Padre Eterno non ci ascolta?". Prima di non ascoltare voi, ha non ascoltato Me nell'ora dell'espiazione. Ed Io ero innocente. Anche di quei compromessi con le colpe altrui che piacciono tanto a voi.
Io, come tutti gli onesti, non avevo in cuor mio disapprovato e poi apertamente approvato, o criticato apertamente ma applaudito internamente. No. Io avevo avuto un contegno, un giudizio, una parola sola, nell'interno come nell'esterno, e l'avevo insegnato, questo mio metodo, ai miei discepoli e, attraverso ad essi, a voi: "II vostro linguaggio sia: sì, sì; no, no". Perché è colpa, sapete, anche il compromesso con la coscienza propria e altrui. Io non avevo neppure questa colpa e per non averla, anche per questo, ero ucciso. La mia giustizia mi aveva fatto parlare contro le colpe dei più potenti (umanamente parlando) e mi aveva attirato la loro ira. Giovanni Battista aveva già pagato la sua rettezza con la perdita della vita. Ora Io perdevo la mia per uguale motivo, sempre umanamente parlando.
Chi mi uccideva non credeva che Io fossi il Figlio di Dio; al massimo mi credeva un profeta. Non pensava che Io fossi il Messia. Solo i semplici di cuore, i puri, gli umili vedevano la verità sotto l'apparenza. I grandi no. Essi erano gonfi di superbia e questa è fumo che nasconde il vero, che corrompe il cuore.
Ma se non vedevano e non potevano credere che l'atteso Messia fosse un povero galileo - loro che se lo sognavano nato in una reggia - un mite che predicava rinuncia - loro che lo pensavano un conquistatore di popoli, un restauratore della potenza di Giuda - giudicavano però che Io ero un pericoloso denunciatore delle loro maleazioni e mi uccidevano per questo. Compivano il Sacrificio atteso e decretato da secoli e secoli, ma non sapevano di fare tanto. Credevano unicamente di fare cosa utile a loro. Ai loro interessi. E quella volpe astuta di Caifa disse, per giustificare il delitto che preparava per levare di mezzo Colui che temeva per le sue parole sincere e per la tema che, divenendo re, purificasse anche il Tempio dei suoi abusi: "È bene che un uomo muoia per il popolo".
Era bene. Un bene diverso da quello che Caifa pensava. Un bene più grande. Ma per darvelo ho conosciuto il rigore del Padre. Il suo abbandono. E tu mi hai sentito gridare il mio desolato: "Eloi, Eloi, lamma sabactani". Ma il Padre non è intervenuto. Eppure non ho perduto fede in Lui, non ho perduto rassegnazione nel dolore. Sono rimasto attaccato al Cielo, anche se il Cielo in quel momento mi respingeva.
E prima di Me era rimasto fedele a Dio e alla Verità, fedele e forte, il mio Precursore.
Arrestato una prima volta da quel maestro del compromesso che era Erode - il quale barcamenava fra l'ammirazione per il profeta che teneva in gran conto e che consultava e ascoltava sapendolo giusto, l'astio della moglie che odiava il Battista che ne sferzava la lussuria, e la tema dell'ira del popolo che venerava il suo profeta - egli era stato poi rilasciato, anche per le pressioni di influenti giudei, discepoli del Battista, con l'ingiunzione di allontanarsi e di tacere. Ecco che perciò si legge che Giovanni Battista, lasciato il posto di guado del Giordano dove Io fui battezzato, quasi all'inizio del Mar Morto e perciò più vicino alla dimora di Erode, si era portato a Enon, quasi ai confini della Samaria, dove rimase finché non fu preso una seconda volta - poiché tacere sul vizio vivente nella reggia non volle - e tenuto prigione sino alla morte.
Io e il Battista siamo stati gli eroi della verità, della rettezza. Erode, un campione di frode e di compromesso. Prima aveva frodato la moglie al fratello e fatto un compromesso con la coscienza propria pur di saziare la carne. E su questa base di putridume aveva poi innalzato i suoi castelli di delitti diversi, di cui uno è passato alla storia con la decollazione del Battista.
Pensatelo bene: la colpa è radice alla colpa. Una nasce sull'altra. E la marea del male cresce. E Dio non può piegarsi là dove vede affezione alla colpa. E se è penoso che gli innocenti soffrano per una espiazione generale, è giusto che coloro che non sanno svellere dal loro cuore la colpa provino l'abbandono di Dio con tutto il suo tossico che morde le viscere e fa urlare di spasimo, così come Io ho urlato, Io che non ho gridato per essere torturato dai flagelli, dalle spine, dai chiodi.
E ancora e sempre vi dico: "State uniti a Me. Io ero solo a pregare il Padre. Ma voi soli non siete. Voi avete con voi il Salvatore, il Figlio dell'Altissimo. Pregate il Padre con Me, nel mio Nome".
E a te, piccolo Giovanni, dico che tu mi vedi così perché realmente Io grido per voi, facendo mie le vostre presenti torture per vincere la Giustizia del Padre, che è talmente offesa che non si vuole piegare a misericordia. L'amore che ho per voi e la pietà che provo per voi mi danno dolore di mistica crocifissione e grido, grido in nome vostro, per persuadere il Padre a non lasciarvi più oltre nell'abbandono.
È l'ora di Satana. Ma voi che siete la mia corte della Terra, voi, anime vittime, portate al culmine il vostro sacrificio, portatelo al tormento dell'ora di nona e rimanete fedeli anche in quell'oceano di desolazione che è quell'ora e dite con Me: "Dio mio, Dio mio". Empiamo del nostro pregare il Cielo, o anime che mi imitate nel farvi salvatori dei fratelli attraverso il sacrificio vostro. Che il Padre senta fondersi in pietà il suo sdegno, e la sua Giustizia si plachi. Una volta ancora.»
<O>
Note Biografiche
Maria Valtorta nasce a Caserta il 14 Marzo 1897 da Giuseppe
Valtorta e Iside Fioravanzi.
A soli diciotto mesi lasciò la terra del Sud per andare a
vivere a Faenza, in Romagna. A quattro anni fu messa a frequentare l’asilo
delle suore Orsoline, a sette anni venne passata all’istituto delle suore
Marcelline a Milano.
Trasferita a Voghera nel 1907, frequentò le scuole comunali
e nel 1909 a dodici anni entrò in collegio dalle suore di Carità di Maria Ss.
Bambina a Monza.
Nel 1917 entra nelle file delle infermiere Samaritane nell’ospedale
militare di Firenze.
Nel 1920 un sovversivo, per strada, le sferrò un colpo ai
reni predisponendola all’infermità. Fu allora che Maria ebbe la provvidenziale
opportunità di trascorrere due anni a Reggio Calabria, ospite di parenti
albergatori che, tramite il loro affetto, unito alla bellezza naturale del
luogo, contribuirono a ritemprarla nel fisico e nell’anima, fissando in lei,
immagini indimenticabili. Durante quella vacanza sentì nuove spinte verso una
vita radicata in Cristo; ma il ritorno a Firenze, nel 1922, la risommerse nei
ricordi passati.
Nel 1924 Maria si trasferiva definitivamente a Viareggio.
Impegnata in parrocchia come delegata di cultura per le giovani di Azione
Cattolica, teneva conferenze, che cominciarono ad essere seguite anche da non
praticanti e, attratta dalla figura di S. Teresa del Gesù Bambino, si offrì
vittima all’Amore Misericordioso, da allora l’amore di Gesù crebbe a dismisura,
fino a sentire la presenza di Lui nelle proprie parole e nelle sue azioni.
Tuttavia divenne sempre più difficoltoso l’alzarsi e il
camminare. Il 4 gennaio 1933 uscì di casa per l’ultima volta, con estrema
fatica, e dal 1° aprile 1934 non si levò più dal letto. Il 24 maggio 1935 fu
presa in casa una giovane rimasta orfana e sola, Marta Diciotti, che diventerà
la sua assistente e confidente per tutto il resto della vita.
Da questa ascesi spirituale inarrestabile, il venerdì Santo
del 23 Aprile 1943 le venne dettata la prima pagina di sapienza divina. Come
acqua fluente, dalla penna di Dio, scaturirono circa quindicimila pagine
manoscritte, raccolte in vari volumi.
Maria continuò a scrivere, quasi ogni giorno fino al 1947,
ad intermittenze negli anni successivi fino al 1951. La sua occupazione di
scrittrice a tempo pieno non la estraniò dal mondo, di cui seguiva gli eventi
attraverso il giornale e la radio. Neppure si sottraeva ai suoi doveri di
cittadina, tanto che nelle elezioni politiche del 1948 si fece portare in
ambulanza al seggio elettorale. Riceveva solo persone amiche e in seguito ebbe qualche
visita di riguardo. Non trascurava la corrispondenza epistolare, che fu
particolarmente fitta con una monaca di clausura, carmelitana, considerata come
mamma spirituale. Pregava e soffriva ma procurava di non mostrarlo. Le sue
orazioni erano di preferenza segrete e le sue estasi, rilevabili dagli scritti
personali, non ebbero testimoni. Protetta da un aspetto sano, non lasciava
trapelare i duri e continui patimenti, abbracciati con gioia spirituale per
ansia di redimere. Chiese e ottenne la grazia di non portare impressi sul corpo
i segni manifesti della sua partecipazione alla passione del Cristo.
L’opera maggiore di Maria Valtorta è pubblicata in dieci volumi con il titolo:
L’Evangelo come mi è stato rivelato (editi dal Centro Editoriale Valtortiano). Narra la nascita, l’infanzia e la vita
nascosta della Vergine Maria e di Gesù, i tre anni del Ministero Cristiano di
Gesù, la sua Passione, Morte, Risurrezione e Ascensione, i primordi della
Chiesa e l’Assunzione di Maria.
Si spense nella radiosa mattina del 12 ottobre 1961. Aveva
64 anni ed era a letto da oltre 27 anni. Dodici anni dopo, il 2 luglio 1973, i
resti mortali di Maria Valtorta, traslati dal Camposanto della Misericordia in
Viareggio, furono tumulati a Firenze, in una cappella nel Chiostro grande della
Basilica della Ss. Annunziata.
Grazie a
Giuseppe Edattico per avermi fatto conoscere Maria Valtorta, per i consigli e la gentile collaborazione.
Pubblicato in internet il giorno 8 Dicembre 2005 - Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.
Antonio BIGLIARDI
antoniob64@libero.it
digilander.libero.it/antoniobigliardi
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